PROGETTO DI INFORMAZIONE CROCETTA, FINE SECONDA FASE: CONCLUSIONE PARZIALE

Dopo l’indagine sul campo, focalizzata sull’analisi dei flussi migratori che definiscono il carattere identitario della demografia del quartiere di Cinisello Balsamo, abbiamo approfondito i dati raccolti.
La ricerca della notizia ha portato alla luce aspetti della realtà importanti per la comprensione di specifiche dinamiche territoriali e psicosociali.

La storia di questa periferia milanese è costruita sui flussi di migrazione. E oggi la realtà presenta un divario culturale e generazionale. Due mondi distinti: la vecchia generazione di migranti italiani e la nuova generazione di migranti stranieri.

La mancanza di strumenti in grado di mettere in comunicazione le due comunità crea un vuoto colmato dal degrado urbanistico e sociale. Le conseguenze si traducono in conflitti interni alla popolazione residente che non riesce a trovare un punto di incontro. La situazione attuale è quindi il risultato dell’assenza di reali politiche sociali efficaci. Come è emerso dall’indagine sul campo, quindi, non è questione di “destra” o “sinistra”, ma piuttosto di una incompetenza generalizzata aggravata da un’informazione politicizzata.

INTERVISTA ALLE DONNE DEL CENTRO CIVICO PER ANZIANI

Il quartiere Crocetta è una realtà diffusa a macchia d’olio in tutto il territorio nazionale. Diventa perciò obbligatorio studiarla e comprendere le dinamiche per trasformare i dati raccolti in strumenti efficienti a disposizione degli addetti ai lavori.

“All’inizio non piaceva tanto questa sistemazione, perché non conoscevamo Cinisello. Poi invece ci siamo affezionati come accade per tutte le case in cui si va ad abitare. C’è un pezzo di vita dentro. Nonostante l’aspetto esteriore, per noi deve essere giusto che sia una reggia”, racconta una signora del Centro Civico per anziani del quartiere. Ha riunito tutte le donne con cui condivide l’esperienza di migrazione e ci ha invitati ad ascoltarle.

Sono tutte italiane, arrivate negli anni ’60 quando i centri industriali del nord Italia iniziarono ad attirare la popolazione delle campagne.

“Era una corsa a trovare un pezzo di pane”, raccontano.

Come accade per i migranti stranieri oggi, anche loro hanno vissuto le stesse discriminazioni: “Ho provato sulla pelle sentirsi rispondere dai milanesi ‘non si affitta ai meridionali’ e questa è una cosa terrificante”, sottolinea una donna. Ricorda ancora il biglietto con quella scritta. “Anche sui giornali, quando mettevano l’annuncio, sottolineavano ‘non ai meridionali’ e tutti se lo ricordano”, conferma un’altra signora.

Le dinamiche psicosociali che si innescano all’interno di una comunità davanti allo “straniero” – che in questo caso arrivava dallo stesso Paese, ma da una Regione diversa – sono uguali per tutti. E’ una reazione di auto-difesa che si attiva per paura. L’ignoranza, intesa come mancanza di informazioni, alimenta il divario che si crea tra i membri che fanno parte della comunità e quelli che non ne fanno parte.

Il processo di integrazione è quindi una questione di informazioni.

“Noi abbiamo vissuto la discriminazione e non discriminiamo nessuno. L’importante è che si comportino bene”, raccontano le signore del Centro Civico per anziani. Con i migranti che provengono dai Paesi esteri però, queste dinamiche si complicano perché le differenze sono estremizzate.

Il degrado evidente che è ormai diventato intollerabile, è il sintomo di una mancata integrazione. La condizione perfetta per la criminalità organizzata, che in questo ambiente può reclutare persone in stato di difficoltà psico-economica per ampliare la propria rete.

L’isolamento, fattore determinante del processo di ghettizzazione, è una delle principali cause da analizzare.

“Io parto dal presupposto di culture diverse che vanno messe assieme – afferma una signora e continua – bisognerebbe fare un’educazione civica a partire dalle scuole. Prima si faceva. Ora non si fa più”.

Chiediamo allora se c’è uno scontro tra italiani e stranieri: “No. E’ una questione di sovrappopolazione che si trasforma in intolleranza. Ci sono delle persone che vivono di espedienti e per combinazione sono qua. Ci sono dei palazzi dove il proprietario affitta l’appartamento a una persona, ma entrano in 18 a vivere. Quei poveracci che vanno dentro a dormire anche per una notte vengono sfruttati. E si crea come un ghetto. Il degrado poi porta degrado”.

RIQUALIFICAZIONE QUARTIERE CROCETTA

La discussione relativa ai progetti di riqualificazione dell’area sembra rimanere interna alla politica ma i residenti, che dovrebbero beneficiare dei lavori, non sono del tutto informati. “Ci chiediamo perché ancora non venga fatta. Ce ne parlano soltanto quando ci sono le votazioni, ma non sappiamo nulla di più”, affermano.

Le idee in merito al dibattito si rivelano confuse: “Ce ne hanno parlato vagamente”, dice una signora del gruppo. “Ci chiediamo perché non facilitino la vita delle persone anziane. Noi siamo invecchiati e ci hanno abbandonati. Siamo isolati in tutti i sensi. Abbiamo lottato tanto anche per tenerci questo Centro Civico. Volevano fare un parcheggio e non avevamo nemmeno una panchina per sederci”.

La demografia di questo quartiere riflette la situazione nazionale. L’Italia è il Paese europeo con la percentuale più alta di persone over 60 e il degrado urbano mette in serio pericolo la mobilità di una grande fetta dei residenti: “Non ci ascolta nessuno”, dicono.
Subentra però un altro problema: “Noi non abbiamo più le forze per combattere. I giovani potrebbero lottare al nostro posto, ma la maggior parte sono stranieri e a causa della legge, che non li fa sentire italiani, non si sentono coinvolti. Invece di fare manifestazioni con le bandiere, la politica dovrebbe creare qualcosa per farci incontrare – spiegano e concludono – qualcosa che avvicini le due comunità. Purtroppo hanno costruito muri. Noi invece abbiamo bisogno di ponti”.

Il divario quindi è culturale e generazionale. L’incontro tra la vecchia generazione di migranti italiani e le nuove generazioni di migranti stranieri potrebbe perciò agevolare la trasmissione di quelle informazioni che mancano per disinnescare il sistema di auto-difesa e dare inizio a un processo di integrazione reale. In questo modo i giovani residenti stranieri potrebbero avere più interessi a partecipare alla vita sociale del quartiere. E di conseguenza a portare avanti le lotte che gli anziani residenti italiani non riescono più a combattere.

CONVIVENZA E INTEGRAZIONE

Quando parliamo di integrazione in relazione ai flussi di migrazione dobbiamo necessariamente parlare di convivenza all’interno di spazi urbani delimitati.

Lo studio della disposizione di questi spazi deve considerare le caratteristiche fisiche del territorio che andranno poi a definire le dinamiche di interazione tra i residenti. Per semplificare il concetto proviamo a immaginare un bilocale dove all’interno vive un nucleo famigliare composto da due genitori, quattro nonni e tre figli di età diverse. La mancanza di spazi genera conflitti interpersonali, disordine e degrado. La stessa cosa accade in un quartiere che non rispetta le esigenze di tutti coloro che vivono al suo interno. La situazione si complica se i residenti hanno modi di vivere totalmente opposti tra loro, parlano lingue differenti e hanno tradizioni completamente diverse. Se poi, oltre al divario culturale sommiamo quello generazionale, questi conflitti possono sfociare in forme di odio e intolleranza reciproca.

Parliamo quindi di Piani di Governo del Territorio (PGT) che oggi devono adattarsi all’urbanistica di quartieri costruiti in un’epoca diversa, dove le esigenze della popolazione residente erano definite dalla demografia di periodi storici contestualizzati.

L’Italia è un Paese “vecchio”, e questo è noto a tutti. Il cambiamento epocale però è avvenuto in tempi relativamente veloci. E l’adattamento a un cambio demografico così immeditato non può essere applicato se prima non viene attuata una riqualifica degli spazi urbani in relazione alle esigenze della popolazione residente.

Abbiamo quindi intervistato Daniela Gasparini, ex sindaca di Cinisello Balsamo, per ricostruire la storia urbanistica del quartiere Crocetta.

Dobbiamo distinguere il progetto di riqualificazione pubblico e quello privato, altrimenti non è possibile identificare le cause che impediscono la risanazione dell’intero quartiere.

Il Piano di Governo del Territorio Entangled è un progetto di rigenerazione urbana. Il Comune di Cinisello Balsamo ha infatti aderito alle strategie di sviluppo urbano sostenibile e quindi ai fondi strutturali e di investimento europei 2021-2027 di Regione Lombardia.

Il progetto prevede un budget di spesa pari a € 20.727.911,07 finanziati dai seguenti fondi:
• FSE+ € 550.000
• FESR € 14.750.000
• FSC € 2.400.000
• Risorse proprie/altre risorse € 3.027.911,07

L’ambito di interesse è il quartiere Crocetta, inteso per la prima volta non più nel suo perimetro tradizionale di quartiere chiuso tra le grandi arterie viabilistiche (A4, A52, SS6) con la più alta densità abitativa della città (29.000 ab/kmq circa), ma in un orizzonte più ampio, che guarda oltre i confini fisici del quartiere.

Crocetta è un’area costituita da grandi complessi residenziali, realizzati tra gli anni Sessanta e Settanta, con una densità abitativa pari a sei volte la media cittadina. La popolazione straniera rappresenta il 65% degli abitanti, su un totale di 5.000 residenti, distribuiti su una superficie di 157.890 mq.

Il patrimonio edilizio è quasi interamente privato e caratterizzato da un forte ricambio della popolazione residente dovuto alla crescita costante della componente straniera, che negli anni ha progressivamente sostituito molti abitanti storici. In origine gli edifici erano stati progettati per accogliere professionisti in transito da Milano per motivi di lavoro, offrendo loro una sistemazione temporanea. Oggi, invece, il quartiere è abitato da nuclei familiari che hanno scelto di restare, portando con sé un forte senso di appartenenza e il desiderio di migliorare la qualità della vita nel proprio contesto abitativo.

Attualmente il progetto di riqualificazione pubblico è già in atto, ma l’amministrazione comunale non può intervenire nelle aree private. Negli anni il degrado urbanistico ha disincentivato molti imprenditori che avrebbero potuto investire nel quartiere riqualificando le proprietà dismesse. Oggi però emerge anche un altro ostacolo che di fatto blocca i lavori. Senza un accordo tra tutti i privati interessati non è possibile procedere. E questa è la risposta a tutte le domande dei residenti che si chiedono “perché nessuno fa niente”.

EDUCAZIONE CIVICA E RIQUALIFICAZIONE URBANA

Abbiamo intervistato Maria Quattrociocchi e Rosetta Riboldi, rappresentanti del coordinamento Umanità Migrante di Cinisello Balsamo, per approfondire le relazioni tra i residenti stranieri – o di origine straniera con cittadinanza italiana – e i residenti italiani.

La realtà è molto più complessa dell’ideologia.

Il divario culturale e generazionale diventa un muro difficile da abbattere. E la mancanza di informazioni in grado di andare oltre alla propaganda (di destra e di sinistra) favorisce l’isolamento e la ghettizzazione delle comunità.

Nonostante le iniziative a favore di un incontro socio-politico e culturale, la forza attrattiva non sembra essere sufficiente per coinvolgere tutti i residenti.

Temi sensibili come la Palestina riescono in qualche modo a creare interesse, ma quasi esclusivamente se diventano una forma di intrattenimento con personaggi famosi capaci di attirare il pubblico.
Anche in questo caso, però, è difficile coinvolgere le comunità straniere (di Cinisello Balsamo) che sembrano rimanere isolate all’interno del loro ghetto.

L’unico canale di comunicazione è la scuola. Qui, all’interno di un contesto educativo, è possibile trasmettere informazioni indispensabili per avvicinare i giovani residenti. L’educazione civica è un mezzo fondamentale per innescare le dinamiche della convivenza e imparare a conoscere la realtà in cui i ragazzi vivono. Perché saranno loro gli adulti di Cinisello Balsamo. E oggi abbiamo la responsabilità di produrre informazioni utili per cambiare il loro futuro.

“All’inizio c’erano i decreti sicurezza di Salvini e la gente si trovava di fronte a delle informazioni che non erano informazioni, ma che in realtà erano falsità. Era propaganda. La gente veniva spaventata – spiega la signora Rosetta e continua – Ricordiamoci che anche noi abbiamo vissuto il razzismo, anche noi abbiamo vissuto la sofferenza di lasciare la nostra casa”.

La mancanza di informazioni qualitative sono alla base del lavoro di questo coordinamento. La necessità di andare oltre alle narrazioni, che vengono costruite dai partiti politici prima e poi diffuse attraverso le testate giornalistiche, ha costretto questi residenti di Cinisello Balsamo a fare il lavoro che avrebbero dovuto fare (e dovrebbero fare) i professionisti dell’informazione.

“I cittadini di Cinisello Balsamo, e non solo, non conoscono bene a fondo queste situazioni e noi abbiamo cercato di far capire cosa ci sta dietro a una persona che migra da certi Paesi“. La televisione e la stampa in generale si limitano infatti a diffondere la propaganda di appartenenza politica, semplificando una realtà molto più complessa da comprendere.

Come abbiamo già sottolineato, all’interno del comune di Cinisello Balsamo vivono numerose comunità di stranieri. La più numerosa risulta essere quella araba/nord africana. Per entrare in contatto con questi residenti, il coordinamento Umanità Migrante ha quindi cercato di trovare canali di comunicazione favorevoli all’incontro, ma nonostante l’impegno il risultato non sembra essere soddisfacente. “Noi abbiamo cercato di coinvolgerle in varie occasioni, come le iniziative sulla Palestina e le giornate del rifugiato e del migrante. L’impressione però è che l’iniziativa politica non è mai presa in considerazione da queste comunità (di Cinisello Balsamo). Non riusciamo a coinvolgerle nelle attività più sociali o politiche che facciamo. L’unico ponte è la Parrocchia perché i ragazzini frequentano l’oratorio o vanno a lezione. Sfruttando questo canale riusciamo a entrare in contatto con le famiglie. Per cui c’è questa micro diffusione di persone che fanno delle cose. Qualcuno fa giocare i bambini mentre le mamme imparano l’italiano ad esempio. Attività spezzettate” raccontano le rappresentanti di Unità Migrante.

Da quello che è emerso, il divario culturale e generazionale tra vecchi e nuovi residente è aggravato da una convivenza difficile. “Il quartiere Crocetta è sempre stato un problema proprio perché quando hanno costruito quei casermoni, sia lì che a Sant’Eusebio, hanno raggruppato una serie di disagi. E quando si mettono insieme i disagi non si risolvono i problemi perché si isolano le cose. Noi non abbiamo la pretesa e la possibilità di entrare nelle singole problematiche dei migranti, che sono tante, perché questo problema va risolto e discusso a livello di quartiere con i rappresentanti eccetera. Non possiamo e non siamo noi a dover affrontare queste problematiche. Possiamo solo dire che vediamo una scarsa partecipazione delle varie comunità alle nostre iniziative. Si può presentare qualche singolo, ma non come comunità. Manca comunque un’informazione vera e purtroppo siamo profondamente ignoranti. L’elemento culturale è fondamentale”, sottolineano Maria e Rosetta.

Lavorare sull’ideologia dell’incontro però non basta per convivere all’interno di spazi urbanistici adeguati alla demografia. L’educazione civica nelle scuole è fondamentale in realtà così complesse, dal punto di vista etnico, e offre la possibilità di diffondere informazioni dettagliate agli adulti di domani: “Abbiamo proiettato il film Erasmus in Gaza che parla di un ragazzo poco più grande di loro. Alla fine gli studenti hanno chiesto spontaneamente di rintracciarlo per capire a fondo la situazione. Questo per far capire quanto è importante la scuola. Purtroppo è difficile entrare all’interno del sistema scolastico”, spiegano.

La difficoltà di arrivare ai giovani trasforma il divario culturale in un muro divisorio. Un argomento così sentito come la Palestina potrebbe però fungere da collante, “ma deve nascere da loro”, affermano.

Possiamo quindi concludere la seconda fase del nostro lavoro e procedere con la verifica delle fonti.

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